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115 – Osteopatia di prima o di seconda intenzione

Una bozza di risposta sulle sue indicazioni
domenica 24 aprile 2016 di Romain Orio, Ivo Lalla

Sempre più persone fanno ricorso all’osteopatia, per loro stessi o per i loro animali, talvolta di loro propria iniziativa, talvolta dietro il consiglio di un conoscente o del loro veterinario curante. Ci si pu far ricorso in prima intenzione, o a volta più tardi nel percorso di guarigione dell’animale. Ma dal punto di vista del terapeuta la situazione differisce a seconda del suo tipo di esercizio : veterinario praticante esclusivamente l’osteopatia o osteopata animale, veterinario che esercita l’allopatia e l’osteopatia, veterinario non osteopata ma potenzialmente riferente. Gli attori potenziali di questa situazione possono essere svariati e diversi tra loro. Come coniugare la volontà di proporre serenamente questo approccio, senza evitare di cadere nelle « trappole » delle diagnosi differenziali, e con uno spirito di complementarietà degli approcci possibili ?

Le domande principali che sono poste a questo riguardo vergono soprattutto sul « quando » chiamare un osteopata, e per quali indicazioni. Le domande frequenti riguardano anche il funzionamento dell’osteopatia, la sua innocuità per l’animale, la compatibilità con altri trattamenti, eccetera ; queste ultime domande presentano delle risposte semplici e universalmente accettate. Invece, le prime sono più complesse, e dipendono dalla situazione del terapeuta.

Questa medicina manuale globale propone di regolare il corpo nel suo insieme, il che gli permette di riequilibrarsi da solo. La malattia è vista come la conseguenza di bloccaggi e disfunzioni che l’osteopatia permette di risolvere, e quando questi ostacoli sono tolti il corpo guarisce. È anche una medicina preventiva poiché trova le disfunzioni prima che generino dei sintomi.

Le referenziali tra l’allopatia e l’osteopatia sono fondamentalmente diverse ; spetta all’osteopata che vuol proporre questo approccio ai suoi pazienti (e a quelli di altri colleghi come casi riferiti, ad esempio) di riflettere a quando proporla e perché. Per questo bisogna che l’osteopata non veterinario abbia una formazione in patologia medica sufficiente per svelare ciò che può non essere dell’ambito dell’osteopatia, e che il veterinario non osteopata conosca e proponga l’osteopatia. La formazione e la comunicazione sono quindi di prima importanza, e dovrebbero concretizzarsi il prima possibile nel percorso di ognuno.

Per quanto riguarda l’osteopata esclusivo (veterinario e non), se ci si rivolge a lui non c’è alcuna ambiguità : fa il suo lavoro con i mezzi a sua disposizione, ma deve conoscere le contro-indicazioni che necessitano un approccio allopatico. E in caso di insuccesso delle sedute, dovrebbe aprire la porta ad altri trattamenti, complementari o no.

Per il veterinario osteopata non esclusivo, se la domanda per l’osteopatia è esplicita, si ritorna alla situazione precedente. Altrimenti, la scelta di un approccio osteopatico di prima intenzione può venire dal veterinario stesso, dopo un esame clinico che permetta di concludere che il metodo è appropriato, con l’accordo tacito o esplicito del proprietario, e senza dimenticare di rivalutare la situazione. È talvolta più facile proporlo in seconda intenzione, nel caso di una ricaduta o nei casi cronici. Il veterinario può decidere di cambiare approccio su sua iniziativa o alla domanda del proprietario (se ne conosce l’esistenza) ; ciò può accadere anche se un collega desidera un parere diverso.

Per il veterinario non osteopata, il fatto di proporre l’osteopatia in prima intenzione, prima di mettere in atto il suo proprio trattamento, può sembrare assurda. In realtà, quando capisce l’interesse che può rappresentare in alcuni casi, questa eventualità può essere molto pertinente. Soprattutto per i grandi « classici » dell’osteopatia, come l’animale di età avanzata che siirrigidisce o il giovane in crescita che zoppica o che prensenta una deambulazione asimmetrica, le contro-indicazioni ai trattamenti allopatici (intolleranza ai FANS per esempio), il bilancio beneficio/rischio sfavorevole di un’operazione chirurgica, un dolore di origine sconosciuta e altri rompicapo clinici.Per un caso cronico o recidivante, far ricorso a un osteopata in seconda intenzione, come approccio alternative o complementare, è ugualmente essenziale.

È quindi importante apportare al veterinario potenzalmente riferente tutte le informazioni adeguate sull’apporto dell’osteopatia,che vadano idealmente al di là di una lista di indicazioni possibili, ma che possa essere vista come una base di partenza per comprendersi a vicenda.

Perché di fronte alla diversità dei casi clinici e dei diversi profili di terapeuta, l’osteopatia può occupare una posizione diversa. Questa medicina, dal funzionamento così diverso, può essere vissuta in opposizione all’allopatia, ma (in modo molto più pertinente) anche come un’alternativa riflettuta, o ancora come una medicina complementarte che a volte può bastarsi e a volte no. Senza mai perdere di vista il pragmatism e l’interesse primordial per il paziente.


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